La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



domenica 10 novembre 2013

John Steinbeck: Furore (nuova traduzione)

L'anno scorso ho pubblicato un post per raccontare la mia scoperta di Furore di John Steinbeck: qui. Un libro sorprendente, inaudito nell'Italia fascista degli anni quaranta, sia per la forza della narrazione sia per lo stile, lontanissimo dal linguaggio spesso aulico ed evanescente della letteratura nostrana. Strano dicevo, che un'opera del genere fosse riuscita a passare tra le maglie della censura del Min.cul.pop. il famigerato ministero della cultura popolare.
Per più di settant'anni si è continuato a leggere la versione tradotta da Carlo Coardi, (tra l'altro sembra sia uno pseudonimo) pensando che fosse la buona. Essa è sopravvissuta al regime fascista finito da un pezzo. L'Italia è cambiata; certo non sono scomparsi i problemi di censura anche se quest'ultima è ormai più velata e subdola, ma insomma... Eppure il libro di Steinbeck è stato pubblicato e ripubblicato per tutto questo tempo sempre nella stessa versione.
Ecco quindi che la nuova presentazione del libro fatta dall'editore Bompiani, curata da Luigi Sampietro e con la traduzione di Sergio Claudio Perroni arriva come una piccola bomba: in pratica Perroni ci dice che quello che è stato letto fino ad oggi non è il romanzo scritto da John Steinbeck.
È il quotidiano La Repubblica (09/11/2013) che per primo ha diffuso la notizia.
Certo conoscevamo l'espressione consacrata: traduttore, traditore, ma in questo caso sembra che il proverbio debba essere preso alla lettera. Non si tratta solo di qualche parola scelta male o di qualche difetto di stile; tra la versione di Carlo Coardi e quella di Carlo Perroni c'è un fossato. Alla sua uscita, nonostante fosse già stato edulcorato da una mano pudibonda, Furore fu considerato dai suoi detrattori (Prezzolini tra tutti) alla stregua un romanzo pornografico.
La polemica fu aspra tanto che nel 1942 la censura bloccò una seconda edizione del libro che fu ristampato solo nel dopoguerra ma senza modifiche. Gli attuali curatori non hanno corretto soltanto qualche scelta linguistica discutibile, restituendo a Steinbeck il suo vocabolario (anche se tutto sommato, sottolinea Perroni, nel romanzo le parolacce sono pochissime). Carlo Coardi (o chi per lui) aveva stravolto completamente il senso di certe frasi, eliminato le referenze bibliche che avrebbero suscitato il prurito degli ambienti cattolici e soprattutto tagliato completamente passaggi chiave nella narrazione.
È quindi un nuovo romanzo quello che gli italiani non anglofoni hanno oggi a disposizione. Un testo ancora più dirompente, nella cui prosa il soffio epico è permanente, interpella e scuote il lettore.
Perché io ci sarò sempre, nascosto e dappertutto. Dove c’è qualcuno che lotta per dare da mangiare, io sarò là. Dove c’è uno sbirro che picchia, io sarò là.
Facile capire perché nell'Italia clericofascista del 1940 una frase come questa dovesse sparire.
Ecco quindi che un romanzo, che già nella sua forma edulcorata è stato ammirato da generazioni di lettori, torna alla ribalta, con duplicata potenza. Un ottima notizia ma che ci invita a riflettere ancora una volta sul ruolo del traduttore.