La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



mercoledì 11 maggio 2016

Luigi Nacci: Viandanza

Diceva Gilles Deleuze, in una conferenza intitolata Cos'è l'atto di creazione che nessuno ha bisogno di un filosofo per riflettere su qualche cosa, tutti possono farlo anche se non sono specialisti nella materia. Altro è però fare della filosofia. Questa è una disciplina creatrice perché, al pari di un pittore, di un cineasta o di uno scrittore anche il filosofo crea. Crea dei concetti. E un concetto -aggiungeva Deleuze- non si fabbrica in un minuto né in un giorno. Bisogna che ci sia una necessità.
Luigi Nacci, dice la sua biografia, è insegnante, giornalista, scrittore e poeta. Ma è anche un filosofo, non fosse altro che per aver creato il concetto di viandanza. Scrivo questa parola ed anch'io come Nacci mi accorgo che il computer la sottolinea in rosso. È assente dal dizionario e vien da chiedersi perché. È senz'altro una parola necessaria perché (per parafrasare Deleuze) è molto più di un semplice sostantivo, è un concetto filosofico.
Detto così sembra però un po' cerebrale. In realtà in quello che scrive Nacci si vede che c'è sì molta riflessione ma anche molta passione.
La viandanza non è l'escursionismo, tanto meno il trekking, non è uno sport ne una attività salutista. Si tratta di un cambiamento vitale, di una scelta di vita.
Anni fa, non mi ricordo quando avvenne esattamente, se prima o dopo la curva, pensai ad una parola: “viandanza”. Me la ritrovai in bocca senza accorgermene. Era una parola, a giudicare dai dizionari che avevo consultato, che non esisteva. Sicché pensai: «Come può essere che una parola così bella non sia nel dizionario? Che nessuno l’abbia pensata prima?». Fu così che Luigi Nacci si inventò anche un Festival della Viandanza per riunire in quel di Monteriggioni tutti coloro che le strade le abitavano: pellegrini, pastori, briganti, clandestini, sognatori diurni, vagabondi, flâneur, o più semplicemente curiosi. E fu così che, coerente allo spirito che lo aveva animato, decise di abbandonare il festival quando gli sembrò che avesse perduto il suo senso iniziale.
Ora Viandanza è anche il titolo di un libro che Luigi Nacci ha pubblicato nel 2016 è che è un po', non il seguito ma l'approfondimento, del suo precedente Alzati e cammina.
Viandanza comincia quasi come un diario di viaggio; il racconto del cammino verso Santiago di Compostela. Potrebbe essere una delle ormai tante descrizioni di un'esperienza che ha ispirato innumerevoli resoconti. Ma ben presto ci accorgiamo che per Luigi Nacci gli aneddoti del cammino verso Santiago – e poi di quelli lungo la via Francigena- sono, se non un pretesto almeno un punto di partenza per un viaggio più profondo e intenso. Attraverso una serie di capitoli dedicati a sentimenti essenziali: Paura, Stupore, Spaesamento, Nostalgia, Disillusione, Luigi Nacci ci trasporta in un viaggio che è nello stesso tempo pedestre e interiore. Richiama compagni di viaggio incontrati nelle sue letture, dall'Ecclesiaste a Neruda a Pavese; ci racconta un percorso personale che lo porta, poco a poco, verso un cambiamento essenziale dell'idea stessa di Vita.
Viandanza è diventato un piccolo “fenomeno editoriale”. Anche se di solito non si può che non essere un po' scettici di fronte a quello che potrebbe assomigliare a un fenomeno di moda, in questo caso prevale forse l'ottimismo: la voglia di viandanza è forse, seppur piccolo, un barlume di speranza nell'umanità.

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