La luna e i falo'

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti
Cesare Pavese 1949



domenica 15 gennaio 2017

Bretagna 2

Arrivò in una cappella che si scorgeva da lontano su una collina. Era una cappella tutta grigia, molto piccola e molto vecchia, nell'aridità dei dintorni, un gruppo di alberi, anch'essi grigi e già senza foglie, sembravano come capelli, capelli gettati tutti dallo stesso lato, come da una mano che fosse passata.

E la mano era la stessa che fa affondare le barche dei pescatori, mano eterna dei venti dell'ovest che piega, nel senso delle onde e dei marosi, i rami ritorti delle rive. Erano cresciuti storti e intecciati, vecchi alberi, curvando la schiena sotto lo sforzo secolare di quella mano.

Gaud si trovava quasi alla fine della suo tragitto, poiché era la cappella di Pors-Even; allora si fermò per guadagnare tempo.

Un muretto cadente disegnava un recinto racchiudente delle croci. E tutto era dello stesso colore, la cappella, gli alberi, le tombe; il luogo tutto intero sembrava uniformemente brunito, corroso dai venti del mare; un uguale lichene grigiastro, con le sue macchie di un giallo pallido di zolfo, copriva le pietre, i rami nodosi e i santi di granito che stavano nelle nicchie del muro.


È stato lo scrittore Pierre Loti, al secolo Louis Marie Julien Viaud, che nel suo più celebre romanzo Pescatore d'Islanda ha narrato e esaltato l'epopea dei pescatori che partirono da queste coste per affrontare le burrasche dell'oceano.
Il romanzo racconta le vicende d'amore tormentate di una giovane bretone e di un pescatore “esiliato” per qualche tempo a Parigi ma poi tornato in Bretagna, incapace di sfuggire al proprio destino.
Nel libro la descrizione della vita dei pescatori – fatta da chi aveva navigato come marinaio per più di quarant'anni - assume un valore quasi etnologico. Ma il vero personaggio centrale del libro è il paesaggio di Bretagna, paesaggio animato e vivente che sembra dialogare e interpellare gli uomini. I venti e le nuvole, le onde e le tempeste sono protagonisti fatali e ineluttabili nella vita degli abitanti; elementi rispettati e temuti.

Ritroviamo le cappelle e le croci dei luoghi descritti da Loti.
Manca la voce del vento, anzi l'aria è tiepida in questo squarcio quasi primaverile. Il granito delle pietre mostra però i segni del tempo e delle folate che lo hanno corroso. Sulle lapidi i nomi sono spesso quelli di giovani marinai, mai tornati dalle loro prime campagne di pesca. Sotto il piccolo porticato della cappella di Perroz Hamon, la “cappella dei naufraghi”, ancora ex-voto e lapidi in memoria di pescatori scomparsi in mare. Ogni battello partito da Perroz-Haumon aveva a bordo una statua della Vergine venerata. Le numerose statue della Vergine, ricordano il fervore a volte superstizioso con il quale ci si rivolgeva ad essa per implorare un mare clemente e un ritorno senza danni al porto.

Seguiamo le stradine e i sentieri percorsi dai personaggi di Pierre Loti: Pors-Even, l'Arcouest, la Chapelle de la Trinité, Launay, Kerroc'h, Porz Don. In lontananza, sullo sfondo di questo grandioso paesaggio è l'isola di Bréhat.

Qua e là, spesso all'incrocio di due strade, un calvario in pietra. Sono numerosi in tutta la regione, spesso semplici croci, a volte molto più complessi. Si mescolano ai monumenti megalitici precristiani di cui hanno probabilmente ripreso la funzione. A Kerroc'h, il calvario Cornic, fatto erigere all'inizio del XVIII secolo da una ricca famiglia del luogo al ritorno da un pellegrinaggio in terra Santa. Sulla base triangolare sono tre momenti della passione di Cristo mentre su un lato della croce non manca l'implorazione alla Vergine: Mater Salvatoris, Mater Creatoris.

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